Markus Hofer “Interventi Bolognesi”

Un progetto artistico per lo spazio pubblico

Markus Hofer è artista in residenza a Nosadella.due nei mesi di aprile e maggio 2008.
Per la città di Bologna l’artista ha realizzato “Interventi Bolognesi”, un progetto site specific apparentemente minimale che agisce sulla percezione quotidiana del contesto urbano, sull’idea standardizzata e spesso abitudinaria che abbiamo delle costruzioni che ci circondano, siano essi palazzi, strade, parchi, ponti, o altro. La pratica dell’artista si basa infatti sull’esperienza diretta dei luoghi delle città che frequenta, di cui indaga, in particolare, la struttura urbanistica nei suoi elementi caratterizzanti.
I 15 “Interventi Bolognesi”, contaminazioni ironiche nel centro storico, sono infatti lontani dall’essere spettacolari installazioni metropolitane, ma nascono con l’intento di suscitare lievi spaesamenti, provocati da una trasformazione della funzione come della forma originarie di oggetti, elementi architettonici, artefatti e tracce umane.

Mi pongo infinite domande sulla realtà che mi circonda, ogni giorno. Il lavoro mi serve a dare qualche risposta” MH.

Tutta la zona del centro storico di Bologna che si sviluppa attorno alla sede della residenza Nosadella.due è stata cosparsa di oggetti, prolungamenti, trasformazioni che corrispondono alla presa di visione dell’artista di luoghi urbani che gli sono apparsi per la prima volta. Accanto ad edifici storici del centro, come Palazzo Aldrovandi e Palazzo d’Accursio, gli Interventi Bolognesi dell’artista si disseminano all’interno di nicchie ed elementi architettonici, riprendendo stucchi, fregi, decorazioni, o si accostano a numeri civici e piloni spartitraffico, nell’intento di portare l’attenzione su elementi che caratterizzano la vita di una città, le sue costruzioni, ma anche le sue scelte, le sue tradizioni, i suoi codici, siano essi legati al suo passato come al suo presente. Raramente ci interroghiamo sul perché di un buco nel marciapiede o sul come mai un catenaccio rimane allacciato ad un palo, o ancora, perché un certo pilastro o una certa maniglia hanno quella determinata forma. Markus Hofer ci invita a prestarci attenzione e ad immaginare le possibilità che si celano dietro questi interrogativi.


L’artista ha poi realizzato la performance Caught In This World presso Palazzo Aldrovandi in via Galilea, dove il pubblico  è stato invitato a prendere parte alla realizzazione di una scultura in progress presentandosi con la propria bicicletta munita di catenaccio.

Il MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna ha ospitato la tavola rotonda “Percezione e immaginazione”, con Markus Hofer, la curatrice Elisa Del Prete,  l’artista Stefano Romano, la critica d’arte Antonella Crippa,  l’Architetto Mauro Bellei e l’astrofisico Bruno Marano dal Dipartimento di Astronomia dell’Università di Bologna.

Markus Hofer nasce ad Haslach (Austria) nel 1977. Si forma prima all’ Università di Creazione Artistica e Industriale di Linz, poi alla Scuola d’arte e design Berlin-Weissensee il suo ciclo di studi presso l’Accademia di Belle Arti di Vienna. E’ stato assistente di Erwin Wurm.

Fucking Good Art “Italia. Issue #29”

Libro d'artista esito di una residenza itinerante

Il duo di artisti olandesi, ricercatori non accademici ed indipendenti, Rob Hamelijnck e Nienke Terpsma, sono meglio conosciuti come redattori di «Fucking Good Art», una pubblicazione periodica o rivista d’arte fondata nel 2003. Questa, spesso definita “zine”, viene pubblicata sia in versione cartacea che online. Dopo la prima pubblicazione di dicembre 2003 su Rotterdam, il duo ha prodotto numeri su Monaco di Baviera, Berlino, Dresda, Copenhagen, Riga, Basel, Zurigo e Tiblisi, sulla base del contesto locale e del quadro in costante evoluzione di chi pensa e di chi fa arte.
La pubblicazione «Italia. Issue #29», a seguito del numero svizzero realizzato nel 2008, sarà la prima dedicata all’Italia, in un periodo particolare della storia politica del paese. La pubblicazione verrà presentata al pubblico in giugno, come il risultato del periodo di residenza e di investigazione svoltosi nella Penisola.

Sfoglia / See Italian Conversations. Art in the Age of Berlusconi

A review on the book on The Huffington Post

Iza Rutkowska “The Cuddly”

Un progetto artistico per lo spazio pubblico

The Cuddly è un progetto itinerante dell’artista polacca Iza Rutkowska, fondatrice della Fundacja Form i Kształtów di Varsavia. Dopo la prima tappa nella capitale polaccaha toccato le città di Sao Miguel Graz (P), Graz (AT), Roma (I) e Bologna (I). Qui Nosadella.due ha promosso una serie di interventi nello spazio pubblico toccando dieci luoghi specifici della città di Bologna, dal centro alla periferia.

Si tratta di un imponente ma simpatico orso di stoffa di 200 chili in viaggio per il mondo per incontrare persone di ogni luogo, età e lingua. Compare per un breve lasso di tempo in luoghi di frequentazione pubblica pronto ad entrare a far parte della comunità, ad abbracciare i passanti, a lasciare un’insolita e bizzarra memoria.

The Cuddly è una scultura morbida, mobile e vivente che si pone in alternativa al monumento tradizionale di pietra o cemento, fisso e parte innegabile della realtà quotidiana. Si trova spesso sulla strada per andare a scuola o al lavoro o nei luoghi di svago, e qui invita le persone a interagire, ponendosi come tramite anche rispetto allo spazio circostante.

«L’Italia è uno dei paesi con più monumenti storici preservati e dove il contrasto tra il vecchio e il nuovo continua a generare incredibili divergenze». (IR)

Iza Rutkowska lavora sullo spazio pubblico costruendo forme anomale, giocose e impraticabili che trasformano la realtà e quotidianità dei luoghi cittadini proponendo modalità diverse di interazione attraverso forme di contagio virale in grado di attivare nelle persone una consapevolezza diversa del luogo in cui vivono. Nel 2009 lancia il progetto della Forms and Shapes Foundationper realizzare progetti di simile natura collaborando con altri artisti ed esperti. Stimolando un dialogo tra architetti, giardinieri, filosofi, musicisti, grafici, contadini, cuochi, fisici, con la sua fondazione Iza Rutkowska ha creato progetti interdisciplinari che, collocati nelle città di tutto il mondo, traggono origine da una “filosofia del cambiamento” in atto.

Intervista all’artista:

___Quando è iniziato il progetto The Cuddly e come? perché un orso o non altri animali o oggetti?

«Camminando per le strade di Varsavia, ero stanca di vedere monumenti commemorativi sulla guerra, per lo più tristi e non fruiti. Rispetto la nostra storia e ciò che la commemora, tuttavia, come molti altri giovani probabilmente, ho la sensazione che quelli non siano i “miei” monumenti e che la mia vita sia piena di tutt’altre esperienze. Lo spazio pubblico di cui ho bisogno dovrebbe essere diverso, è uno spazio in continuo sviluppo e trasformazione. Il mio intento, con The Cuddly, è quello di far giocare le persone con lo spazio pubblico, per sentirsi lì come a casa. Così ho pensato a un oggetto che potesse far giocare la gente ed essere comprensibile a ogni età. Ecco allora un orso da coccolare, che è stato per tutti probabilmente come un primo miglior amico: ogni bambino ne ha uno e ogni adulto ricorda di averne avuto uno in passato. Certo, avrebbe potuto avere qualsiasi forma, ma nei miei ricordi ho conservato l’immagine di un orsacchiotto grigio, come quello che ho ingrandito.»

___Dopo Varsavia, l’Italia: perché e che tipo di accoglienza ti aspetti? Conoscevi già l’Italia? In Italia molti monumenti storici convivono col “nuovo”: questo è il motivo per cui volevi venire in Italia? e perché Bologna?

«Mentre The Cuddly girava per le strade di Varsavia ho ricevuto molte email da persone che mi chiedevano se sarebbe arrivato nella loro città, nel loro paese, fornendo tanti motivi per cui sarebbe dovuto essere in un posto esatto. Così ho capito che l’orso avrebbe dovuto viaggiare di più. Ho visitato l’Italia diverse volte e ogni volta sono rimasta stupita dalla quantità di monumenti ben conservati di epoche differenti. Una quantità davvero sorprendente rispetto alle nuove creazioni. In particolare mi ha stupito come ognuno riesce a relazionarsi a questi monumenti a seconda delle proprie necessità. Per questo mi sembrava interessante sperimentare come The Cuddly potesse funzionare in quegli spazi. Poi in Italia e mi pare in special modo a Bologna, avete una cultura e una vita pubblica, all’aperto intendo, totalmente diversa dalla nostra…quindi grazie al supporto di Nosadella.due sarà possibile portare l’orso anche a Bologna e vedere come si trova…»

___Come reagiscono le persone al grande orso? Attira più bambini o adulti? La gente si interessa e interagisce con lui?

«The Cuddly è dedicato a persone di ogni età, anche se io sono molto più interessata alle reazioni delle persone adulte dal momento che il progetto, credo, fa emergere il bambino che ogni adulto ha dentro di sé. Sono davvero curiosa di vedere come gli italiani reagiranno! In Polonia lo hanno spostato in luoghi diversi, usato come allenatore, come arredamento da esterni, la maggior parte delle persone semplicemente si avvicinava e lo abbracciava…Una volta, mentre ero seduta su una delle zampe dell’orso ho sentito dei ragazzi seduti sull’altra parlare delle loro pene d’amore. Un’altra volta ho visto persone in attesa del bus fumarsi una sigaretta in braccio all’orso, come fosse la cosa più normale del mondo e l’orso fosse sempre stato lì! Un bambino gli ha portato un barattolo di miele!»

___Che tipo di luoghi cerchi per l’orso? Come li scegli? Cos’è, a tuo parere, una piazza e un luogo pubblico?

«Mi piace dare nuove forme alla realtà, così cerco sempre di mettere The Cuddly in un luogo dove può attivare l’immaginazione della gente. A volte anche ostruire per un momento la strada di qualcuno mentre va al lavoro o a scuola, mi interessa motivare una reazione, far pensare allo spazio in cui viviamo, allo spazio pubblico che condividiamo, che attraversiamo. Se penso ad uno “spazio pubblico” ideale, è quello in cui le persone si sentono a proprio agio, come a casa. Se ciò non avviene credo significhi che è progettato in modo sbagliato e occorre pensare a come cambiarlo…per molti luoghi forse è giunto il momento!»

___Dove andrà The Cuddly dopo l’Italia?

«In Austria, a Graz, poi nelle Azzorre!»

Bridget Baker “The Remains of the Father – Fragments of a Trilogy (Transhumance)”

prima mostra personale italiana

The Remains of the Father – Fragments of a Trilogy (Transhumance) (2012, 24’) è la prima mostra personale in Italia dell’artista sudafricana Bridget Baker.

Promossa da MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, a cura di Elisa Del Prete, ed esposta negli spazi espositivi della Collezione Permanente (28.10.12 – 6.01.13), la mostra presenta una grande installazione video, prima parte di una trilogia in cui l’artista esplora un tema ancora scarsamente indagato dalla storiografia italiana quale la storia coloniale in Eritrea durante il regime fascista.

Fortemente influenzata dalla sua vicenda biografica di sudafricana bianca cresciuta durante e dopo l’Apartheid, Bridget Baker indirizza la propria ricerca verso l’esplorazione delle dinamiche di potere e dominazione tra i popoli, inserendosi all’interno di quelle esperienze, sempre più numerose nella produzione artistica attuale, che si interrogano sulla legittimità dell’eredità storica e delle sue fonti ufficiali per metterne in discussione i codici di interpretazione. L’opera è il risultato di un programma di residenza svolto da Bridget Baker a Bologna nel corso del 2012 su invito di Nosadella.due – Independent Residency for Public Art, durante il quale l’artista ha sviluppato un’indagine basata sulla esplorazione di archivi e biblioteche in Italia, e sull’incontro con numerosi interlocutori, tra i quali storici, esperti di cinema, psicologi, sociologi, architetti e esponenti di diverse comunità eritree italiane. Recuperando tracce depositate dalla storia ufficiale – dai cinema di propaganda alle corrispondenze ufficiali conservate negli archivi del Ministero degli Esteri – e frammenti di vicende private realmente vissute – ricavati da conversazioni, testi di letteratura di viaggio e diaristica – la visione raccolta da Baker è risultata assai eterogenea e discontinua come racconta lei stessa:

«Tante voci senza nessuno che raccontasse la storia, una storia per intero».

Con il lavoro presentato al MAMbo Baker restituisce la complessità della ricostruzione storica, scegliendo di far emergere quella memoria “mancante” sempre sottesa a ciò che viene ufficialmente trasmesso, attraverso il caso di due coniugi bolognesi, Giovanni Ellero e Maria Pia Pezzoli, vissuti in Africa Orientale Italiana quando Ellero svolge l’attività di funzionario presso il Ministero dell’Africa Italiana tra il 1936 e il 1941. Gli archivi personali Ellero e Pezzoli – oggi conservati rispettivamente presso il Dipartimento di Discipline Storiche, Antropologiche e Geografiche dell’Università degli Studi di Bologna e la Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio – rappresentano un’incursione significativa nella ricerca storico-antropologico-linguistica dell’area coloniale italiana.

La straordinaria ricchezza composita dei materiali qui raccolti – corrispondenze epistolari, sigilli, mappe, quaderni autografi, dattiloscritti, disegni, fotografie – e la complessità del processo con cui essi si sono stratificati e tramandati nel tempo ha ispirato all’artista l’idea di una narrazione visuale, in cui elementi fiction si mescolano a tracce di una storia reale dimenticata. Il film si svolge interamente all’interno di una ricostruzione fittizia dell’ufficio di Giovanni Ellero mostrando la protagonista, una giovane ricercatrice eritrea, impegnata nel lavoro di traduzione dall’amarico al tigrino di un manoscritto inedito redatto da Ellero tra il 1939 e il 1940 dal titoloContributo alla nascita dello stile coloniale. In esso emergono una interpretazione critica del programma governativo di sviluppo urbanistico e architettonico nei territori coloniali e la proposta di un approccio non ideologico per la definizione di un linguaggio progettuale che nasca da un dialogo con la cultura edilizia autoctona. Interamente girato a Bologna presso un’abitazione appartenente al complesso architettonico di epoca fascista “Villaggio Bandiera” grazie all’ausilio di Comune di Bologna – Settore Servizi per l’Abitare e ACER, il progetto filmico è stato realizzato con la collaborazione di Articolture per le fasi di produzione e post-produzione e di MC A-Mario Cucinella Architects, associazione GArBo – giovani architetti bologna e Delta-bo Project per la consulenza scenografica e di allestimento. In accordo con gli eredi Ellero, il Dipartimento di Discipline Storiche, Antropologiche e Geografiche dell’Università degli Studi di Bologna ha gentilmente prestato parte dei materiali conservati nell’archivio del Fondo Giovanni Ellero in occasione delle riprese e della mostra al MAMbo.

L’opera The Remains of the Father – Fragments of a Trilogy (Transhumance) è entrata a far parte della Collezione Permanente del MAMbo.

“Quattro Interventi di Marta Dell’Angelo”

Un percorso monografico su Marta dell'Angelo / in collaborazione con Gender Bender Festival e MAMbo-Museo d'Arte Moderna diBologna

Quattro interventi di Marta Dell’Angelo per Gender Bender 2011 è un ampio progetto monografico dedicato a Marta Dell’Angelo, artista che ha fatto del corpo femminile e della sua rappresentazione il soggetto principale della sua ricerca.

Il percorso ideato per il festival vuole offrire uno sguardo ampio sul suo lavoro, proponendo un excursus su tutto il suo processo creativo che si formalizza, oltre che attraverso un virtuoso linguaggio pittorico, per cui è più conosciuta, anche nell’installazione, nella performance come spazio sospeso di percezione temporanea, come in progetti di stampo più relazionale, o nella produzione di libri. La sua indagine riflette infatti, in modo più generale, sulla trasmissione delle immagini, sui codici relazionali e fisici istituiti nel tempo, sul sentire e il sentirsi femminili rispetto alle forme di rappresentazione convenzionali, sulla relazione arte e scienza, tra esperienza personale e conoscenza acquisita.

Il progetto si articola in quattro momenti e quattro luoghi distinti che, attraverso formati diversi e complementari quali quello della mostra, del libro e della performance, presentano il lavoro dell’artista da diverse prospettive mettendo in risalto il processo creativo e le forme molteplici che derivano da una complessa indagine sulla relazione tra corpi e codici sociali.

La conferenza / performance di presentazione del libro “Manuale della figura umana” vedrà alcuni esperti di vari ambiti disciplinari tra cui gli storici dell’arte Fabrizio Lollini e Cecilia Scatturin, la danzatrice Silvia Gribaudi e l’attrice Eva Robin’s, confrontarsi sul tema del corpo “vissuto” e “rappresentato” a partire da alcune suggestioni ricavate dal libro stesso. Accompagneranno la conferenza le improvvisazioni di Antonella Previdi, Maia Pedullà, Davide Lora, Marcello Colombarini, Elena Del Prete, Ivana Fall, Serena Rossi.

Desumendo la forma dalla struttura classica dei manuali accademici e medici di origine rinascimentale “Il Manuale della figura umana”, realizzato dall’artista nel 2005 e pubblicato dall’editore Gli Ori nel 2007, conserva il modello tradizionale solo nella divisione in capitoli (corpo, autoritratto, testa, arti superiori e inferiori, interconnessione delle forme), per rinnovarne e attualizzarne i contenuti. Con un nostalgico omaggio a riviste di vario genere degli anni Cinquanta, il libro propone un collage di opere, immagini, parole, testi, (tra gli autori Woody Allen, Sartre, Bukowski, Pasolini), frammenti, fotografie, appunti, ritagli di giornali e immagini rubate da internet, di cui Marta Dell’Angelo si appropria per creare collegamenti e associazioni come in un gioco ad incastro. Un esperimento che, a partire dall’esperienza personale dell’artista, che gli dà forma in diversi anni di ricerca e raccolta, forgia nuovi codici espressivi e rappresentativi del corpo femminile; codici attuali, legati a una percezione, a un sentire e a un agire quotidiani, in cui il lettore può riconoscere immaginari veicolati dai nuovi media come dalla cultura classica (internet, cinema, televisione, pubblicità, carta stampata, fotografia e arte) ma anche una gestualità intima che appartiene al vissuto privato.

La mostra “Joint”, presso Nosadella.due, in cui l’artista presenta i lavori inediti Chairs (2010-) e La polena (2011), oltre a una produzione appositamente realizzata per gli ambienti domestici della residenza. Ermeticamente protagonista della sala d’ingresso è l’opera “Antologia delle Posizioni” (2009), un progetto unico costituito da un libro/collage in formato pellicola in cui l’artista ha costruito, attingendo a varie fonti (giornali, riviste, manuali, libri), un vero e proprio racconto corale della raffigurazione del corpo femminile nel tempo.

Custodita all’interno di una scatola sigillata, l’opera fa da preludio alla omonima performance “Antologia delle Posizioni” in cui, presso il foyer del MAMbo, il libro che vi è contenuto diventa accessibile al pubblico grazie al prezioso aiuto di due custodi atte a maneggiarlo ai due capi di un tavolo lungo 15 metri. Oltre 4000 immagini di corpi scorrono lungo per oltre 200 metri di libro in una sorprendente installazione ambientale che ricorda lo sviluppo di una pellicola dove protagonista è un nudo femminile nella sua dignità classica. Conclude la performance la danzatrice portoghese Márcia Lança mettendo in scena alcune delle posizioni dell'”Antologia” in un susseguirsi poetico di gestualità codificate.

Infine, l’azione di strada “Troca” (“Cambio” in portoghese), realizzata presso il Giardino del Cavaticcio e visibile solo dalla balconata soprastante in prossimità del MAMbo, fa assistere il pubblico, quasi per caso, ad uno scambio di abiti e, forse, d’identità, un flash onirico che si offre all’istinto voyeuristico dei curiosi di passaggio.

Marta dell’Angelo è nata a Pavia, vive e lavora a Milano. Ha esposto presso PAC di Milano, Museion di Bolzano, Galleria Civica di Monfalcone, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino. Espone per varie gallerie all’estero e nel 2009 è stata invitata alla Biennale di Tirana. A settembre 2011 è stata invitata dal Museo del Novecento per realizzare un progetto speciale per il ciclo “Primo piano d’artista”. Ha vinto il Premio New York.

“Controcorrente” di Emilio Fantin e “Hip Hip Tune Up” di Elisa Fontana

Nell'ambito dell'XI edizione di Run Tune Up

In occasione di Run Tune Up, undicesima edizione della mezza maratona di Bologna, Nosadella.due – Independent Residency for Public Art presenta le performance Controcorrente di Emilio Fantin e Hip Hip Tune Up di Elisa Fontana.

Attraverso il binomio arte e sport, Nosadella.due propone per la prima volta all’interno della manifestazione podistica, un duplice evento artistico che si propone di far dialogare l’arte contemporanea con lo sport e il suo pubblico di tifosi, dentro la cornice spettacolare del centro storico in cui la mezza maratona ha luogo.

Con Controcorrente l’artista Emilio Fantin propone un punto di vista alternativo per guardare la corsa abbinando all’evento sportivo l’effetto spiazzante, imprevedibile e fantasioso dell’intervento artistico: il corridore “anomalo” Gianumberto Accinelli seguirà il percorso della maratona, ma al contrario, incontrando solo per un momento il gruppo di corridori “regolamentati” della gara ufficiale e scegliendo di correre, da parte sua, nella direzione opposta rispetto a quella imposta dal sistema che regola la competizione. Il corridore solitario chiamerà in causa gli spettatori facendoli interrogare sul perché di questa strana posizione attirando i commenti di chi cercherà di comprendere il suo grossolano errore, ma anche di chi deciderà, invece, di incitarlo a continuare nella sua testarda decisione di correre controcorrente.  In un lettura più astratta e metaforica l’artista suggerisce la possibilità di vivere un accadimento secondo regole diverse, di prevedere per ogni situazione predefinita anche una sua contraddizione, di prendere una propria posizione, come è, se vogliamo, quella dell’artista, rispetto alla società, e di poterlo affermare con la massima libertà.

Se il corridore solitario conquisterà dunque i suoi fans, d’altra parte l’artista Elisa Fontana promuoverà una sua speciale tifoseria a supporto dei corridori “ufficiali”, attraverso la partecipazione di tutti coloro che vorranno fare il tifo, che sono abituati a farlo, che si divertono a inventare cori e danze per incitare gli sportivi.  Il suo lavoro HIP HIP TUNE UP! è infatti uno sguardo sul pubblico di una gara sportiva che, inevitabilmente, è un pubblico tifoso: a partire dai commenti che l’artista ha raccolto tra gli sportivi partecipanti alla corsa, e che saranno ascoltabili on line sulla pagina Facebook “hip hip tune up”, un performer/attore, Matteo Garattoni, intercetterà le necessità dei corridori per dar vita a nuovi cori e coreografie di tifo, diventando motivatore di gruppi di spettatori che, dislocati in varie piazze, acclameranno i corridori passanti in alcuni punti strategici della corsa. L’incitamento dell’atleta è un atto fortemente relazionale e performativo, che prevede azioni corporee, emissioni sonore e coinvolgimenti emotivi. Il progetto intende indagare la dimensione performativa e relazionale del tifo per farla diventare un’opera d’arte.

Durante tutta la giornata gli artisti saranno presenti in Piazza del Nettuno per proseguire la performance coi contributi live raccolti, da tifosi, spettatori, social network, su un grande schermo presso la bolla rossa di Nosadella.due.

L’evento, unico nel suo genere non solo per Bologna ma anche rispetto alle principali manifestazioni podistiche internazionali, vuole ribadire l’identità di una delle città creative per eccellenza nel nostro paese, dando vita ad una giornata che sia per tutti, corridori e non, un momento extra-ordinario caratterizzato un’espressione spontanea, non finalizzata, tipica del divertimento, del benessere e della condivisione, di cui arte e sport sono portatori.

Da qui la scelta di Nosadella.due, di coinvolgere Emilio Fantin e Elisa Fontana, due artisti del territorio, di due generazioni differenti, che rappresentano  anche a livello internazionale la fucina artistica di Bologna, sempre proiettata verso le espressioni artistiche più attuali, come quelle relazionali e partecipative e quelle di intervento nel contesto pubblico di cui Nosadella.due, in particolare, si fa promotrice.

Luca Bertolo “Verde”

Foyer Atelier Sì 2015

Verde che ti voglio verde. / Verde vento. Verdi rami. / La nave sul mare / e il cavallo sulla montagna. / Con l’ombra alla vita / lei sogna alla sua balaustra, / verde carne, chioma verde, / con occhi di gelido argento. (da Romance sonámbulo, di Federico García Lorca, 1928)

In occasione di ART CITY Bologna, l’opera Verde di Luca Bertolo inaugura il ciclo di interventi artistici per il foyer (ribattezzato Il Nulla) dei nuovi spazi di Atelier Sì a Bologna.
Grazie alla collaborazione con Nosadella.due ogni anno un artista interverrà nello spazio de Il Nulla con un’opera pensata per accompagnare la programmazione nel suo evolversi stagionale in tutte le sue forme, mutante nel suo naturale divenire di luogo di passaggio e permanenza.
Luogo dell’attesa, della vita, del prima e del dopo, Il Nulla inaugura ribadendo la molteplicità di scenari che questo rinnovato spazio cittadino si prospetta con un intervento di Luca Bertolo che vede il coinvolgimento di un gruppoo di bambini invitati a relazionarsi con lo spazio e le sue pareti.
Verde non prevede limiti alla loro immaginazione e/o conformazione, tranne il colore verde, con le sue infinite sfumature, e la linea di confine che segna l’altezza massima dell’intervento.
Pittore di natura e di formazione, Bertolo adotta il verde come colore più esteso attraverso cui condividere con altri la sua pratica pittorica, il suo esercizio quotidiano, il suo lavoro sulla forma espressiva per eccellenza, la pittura. Altri che sono, assieme a lui e ai bambini che con lui daranno vita alla decorazione, gli altri che attraverseranno lo spazio nel suo primo anno di attività e incontreranno lì visioni, fantasie, segni, nel loro puro nascere dal gesto.
L’opera è stata realizzata grazie alla collaborazione con la Scuola Elementare Guido Reni

Luca Bertolo (Milano, 1968), laureato in Scienze dell’Informazione all’Università Statale di Milano (1992) e diplomato in pittura all’Accademia di Brera nel 1998, ha vissuto a São Paulo (1979-1981), Londra (1992), Berlino (1998-2004) e Vienna (2005). Abita in un paese sulle Alpi Apuane. Ha partecipato a mostre in spazi pubblici e privati. Nel 2000 ha ricevuto una borsa di studio annuale dalla Pollock-Krasner Foundation di New York. Dal 2010 al 2012 ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Dal 2014 insegna in un Master of Fine Arts presso la SACI (Studio Art Centers International), Firenze.

“Even” con Jukka Korkeila e Heidi Lunabba

Mostra di fine residenza nell'ambito di Gender Bender Festival

Jukka Korkeila e Heidi Lunabba sono i due artisti finlandesi in residenza a Nosadella.due da settembre a novembre 2008, invitati dalla curatrice Annamari Vänskä (già in residenza e gennaio 2008) nell’ambito del Festival Gender Bender, di cui Nosadella.due cura la sezione Arti Visive.

Giocando sul ribaltamento dei ruoli di uomo/donna, durante il periodo di residenza a Nosadella.due Lunabba ha allestito Studio Vilgefortis, un salone da barbiere ambulante per offrire un servizio di temporanea “alterità”. Nei giorni del 4 ottobre (h 11-19), del 12 (h 11-19), del 18 e del 31 ottobre (h 18-22), in alcuni luoghi di Bologna pubblici e privati di differente frequentazione, il pubblico femminile di passaggio diventa protagonista di una performance in cui è lecita la “libertà di un altro look!”. Dalla performance nasce una serie fotografica di ritratti che da Bologna prosegue poi in altre città europee.

Con 2 Minutes Hunger Strike, invece, Jukka Korkeila ha realizzato un lavoro su larga scala, servendosi di un immaginario di genere arricchitosi dell’esperienza in città, e dialogando dinamicamente con un’ambientazione assolutamente discordante: la grande installazione pittorica racconta di una città contraddittoria appunto, quale Bologna si trova da sempre ad essere, divisa tra un apparente determinazione all’impegno attivo e uno spirito di sacrificio che non superi i due minuti di sciopero della fame.
L’installazione finale del wall paiting-paper  viene infatti allestita allo storico caffè bolognese Le Stanze
: una cappella privata e decorata da affreschi Cinquecenteschi della famiglia Bentivoglio, la cui destinazione d’uso originale si contrappone all’utilizzo attuale che la vede teatro di notti trasgressive e feste animate.
In dialogo con i due progetti artistici Nosadella.due propone due momenti per indagare il tema dell’erotismo nell’arte e cultura contemporanea: la tavola rotonda Pornografare, (31 ottobre, ore 11-13; 15-17, MAMbo) con Pietro Adamo, Pietro Gaglianò, Sergio Messina, Gaia Novati, Susanna Paasonen, Filippo Porcelli, Annamari Vänskä, moderata da Elisa Del Prete, e la rassegna di video d’artista  Arte vs Porno. Pretesti erotici da Italia e Finlandia (1 novembre 2008, ore 16.30, Cinema Lumiere – 2 novembre ore 16-20, Nosadella.due), a cura di Elisa Del Prete e Annamari Vänskä, con i lavori di Marco Belfiore, Hard On (no more), 2006; goldiechiari, Cosmic Love, 2008, Diego Marcon, This Is Not Pornography, 2006; Lucia Leuci, Good Vibrations, 2004; Italo Zuffi, Shaking Girl, 2005, 8’ 45’’; Marta Dell’Angelo, Preliminari, 2007/2008; Benedetta Panisson, Atto Muto (The Porno Worker), 2007; Dafne Boggeri, Fat/Soft/Normal/Skinny, 2005; Cuoghi e Corsello, Bello, 1995; Globalgroove, Into My Eyes, 2007; Minna Suoniemi, Blow Job, 2008; Tea Mäkipää, Sexgod, 2003; Maria Duncker, Porn, 2007; Mimosa Pale, Mobile Female Monument, 2007; Teemu Mäki, Kaliki, 2006; Iiris Saaren-Seppälä,  Tribe, 2003; Arto Korhonen, Teddy Bear’s Picnic, 2000.

Heidi Lunabba (1977), ha già partecipato a numerose mostre collettive presso spazi museali scandinavi come il Miasma, la Kunsthalle di Helsinki e il Platform di Vaasa, oltre ad aver partecipato a progetti speciali per la Biennale di Istanbul nel 2005 e per quella Baltica nel 2006 e a numerosi progetti di arte pubblica.Considera l’arte come strumento di influenza politica e sociale, come azione talvolta impercettibile ma incessante. La sua ricerca, orientata ad indagare gli stereotipi di comportamento sociale rispetto all’identità sessuale, le differenze tra uomo e donna, come le strategie di potere e dominazione culturale, si compie attraverso forme artistiche performative e installative che svelano anche il suo approccio ad una pratica artistica di tipo “comunitario” più che individuale: “credo che la gente abbia idee interessanti e voglio che il loro punto di vista emerga attraverso la mia arte…”

Jukka Korkeila (1968), oltre ad essere presente con suoi lavori nelle collezioni dei più importanti musei dei paesi nordici, come il Kiasma di Helsinki, il museo di Goteborg, di Malmo, di Uppsala e di Tampere, ha partecipato alla Biennale di San Paolo nel 2004, a quella di Praga del 2007, e a numerose collettive in tutto il mondo. conclusola recentemente concluso due importanti personali al Moderna Art Museet di Stoccolma e al Nordic Watercolour Museum di Skärham, delineandosi come un artista decisamente in forte crescita. Korkeila ha ricevuto una menzione speciale all’ultima edizione del Carnegie Art Award.
Il suo lavoro, divertente e complesso al tempo stesso, la cui acutezza si concentra sul puntuale o si dipana smisuratamente, si concentra sulla rappresentazione di uno stereotipo maschile pieno di contraddizioni, forte e sofferente, opulento e afflittoche prende letteralmente forma nei disegni ad acquerello come nelle grandi pitture su muro a spray o ad olio in un dialogo con lo spazio che coinvolge lo spettatore attraverso un’esperienza quasi iniziatica.

“Transiti” con André Guedes e Xana Kudrjavcev-DeMilner

Mostra di fine residenza, Museo internazionale della musica di Bologna

 

Nosadella.due apre con la residenza a gennaio dei curatori Chris Sharp (USA) e Lupe Núñez-Fernández (E), che selezionano rispettivamente i due artisti André Guedes (P) e Xana Kudrjavcev-DeMilner (USA) per la seconda fase del progetto, la residenza per artisti che si svolge nei successivi mesi di maggio e giugno.
Transiti narra gli esiti di un passaggio, di un presente in rapida trasformazione, di un momento temporaneo destinato a cambiare ma a lasciare al tempo stesso le sue tracce. Il transito è quello degli artisti stessi, da un certo contesto geografico, sociale e culturale a un altro, ma è anche quello di una città, Bologna, che vive una fase di grandi cambiamenti, proiettandosi verso nuovi traguardi con uno sguardo non sempre attento alla tradizione passata.
Le installazioni di Guedes e Kudrjavcev-DeMilner recuperano questo sguardo riconducendolo a una visione che è quella di spettatori esterni in grado di leggere, o almeno intuire, il flusso corrente di una città in trasformazione.

I lavori presentati dai due artisti vengono ospitati dal 6 al 29 luglio al Museo internazionale della musica di Bologna, presso l’affascinante settecentesco Palazzo Sanguinetti nel centro storico della città. Le opere in mostra raccontano il risultato di un periodo di lavoro in cui gli artisti sono stati in contatto con la città e la sua storia.

Better days di Andrè Guedes prende spunto da un fatto di pregnante attualità come la chiusura dell’ennesimo cinema bolognese, il Nosadella. Posto proprio di fronte alla sede della Residenza di cui Guedes è stato ospite, il cinema era stato originariamente scelto come sede dell’esposizione stessa in quanto parte di un quartiere culturale in via di affermazione. A partire dal significato di tale contesto, in cui oggetti e architetture del cinema diventavano sfortunati protagonisti di un cambiamento di funzione degli spazi, Guedes opera una trasposizione di essi che intende dar loro nuova vita a partire dalla precedente. Ecco allora il dislocamento spazio-temporale di alcuni elementi strutturali e funzionali del cinema per alludere alla nuova come alla precedente identità di esso.

A completamento del progetto, l’installazione sonora Final Sequence diffusa lungo lo scalone del Museo e all’interno del suo cortile, ogni giorno, durante gli ultimi 10 minuti di apertura del museo, coglierà di sorpresa il pubblico italiano proiettandolo indietro nella propria storia culturale.
Leit motiv di tutta la mostra è il tempo, un tempo che è prima di tutto quello breve di un periodo di passaggio degli artisti stessi, quindi quello lungo della storia attuale in cui il presente si nutre del passato per preservarsi da, e confrontarsi con, il futuro.

Anche le animazioni di Xana Kudrjavcev-DeMilner suggeriscono un’atmosfera passata. Colori, forme, immagini in movimento, sono veicoli di una memoria visiva collettiva ma soprattutto personale. A partire da animazioni stop motion l’artista costruisce pensieri che sono pure astrazioni in cui le sembianze originali perdono la loro concretezza in favore di una messa in atto reale di qualcosa di fantastico. Le sue animazioni sono il frutto di un percorso che, dalla pittura degli inizi, è giunto poi a lavori di collage. Serbatoio di immaginario è stato poi il cinema sperimentale d’animazione di inizio secolo. Come una bambina che si diverte a ritagliare le silhouette e ad animarle, Xana Kudrjavcev-DeMilner non manca di far emergere anche l’aspetto giocoso, talvolta quasi sadico, del processo di creazione. Ogni scatto genera l’alterazione delle forme sotto l’influsso di una casualità che ne altera completamente l’originaria valenza.
In residenza a Nosadella.due Xana Kudrjavcev-DeMilner ha avviato anche una collaborazione con i due musicisti della scena musicale d’avanguardia locale, Nathia (Francesco Cavaliere) and Salvatore Arangio. In un modo simile a come nasce il video, il suono scaturisce, a partire dalle immagini stesse, dall’accostamento sperimentale di frammenti sonori.

ANDRé GUEDES
André Guedes (Lisbona, 1971) vive tra Lisbona e Vigo.
Il suo lavoro riflette sugli spazi e i luoghi, sulla loro condizione presente, passata e futura, sul modo in cui la gente si relaziona ad essi, trasformandoli o meno, sul processo di identità e/o alterità che scaturisce da questo incontro – di persone con e nello spazio.
Dopo la laurea in Architettura nel 1996 presso l’Universidade de Técnica di Lisbona, André frequenta i corsi di specializzazione post-laurea in Antropologia degli Spazi (Lisbona) e Le Pavillon presso il Palais de Tokyo, Paris.

XANA KUDRJAVCEV-DEMILNER
Xana Kudrjavcev-DeMilner (Los Angeles, 1974) vive e lavora a Berlino.
Nel 2003 ottiene il Master in Belle Arti presso la Yale University, New Haven, Connecticut.

Transiti_Conversazione

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Aleksandra Stratimirovic “My Light Future”

Un progetto artistico per lo spazio pubblico

Nell’ambito di Bologna Children’s Book Fair 2013 Nosadella.due in collaborazione con Swedish Arts Council presenta per la prima volta in Italia, il progetto My Light Future di Aleksandra Stratimirovic.

My Light Future è un progetto di arte nello spazio pubblico che l’artista dedica al mondo dei bambini per sottolineare l’importanza del loro punto di vista all’interno della società, creando uno spazio per relazionarsi con la loro immaginazione e le loro aspettative per il futuro. A partire da pensieri e opinioni raccolti da bambini bolognesi, tra i 3 e i 6 anni, l’artista traduce le loro voci in installazioni luminose che vengono diffuse in luoghi pubblici e privati della città grazie alla modularità di light box appositamente confezionati.
Per due settimane vetrine e locali di librerie, negozi, caffè e spazi artistici e culturali di Bologna hanno creato una mappa luminosa per far splendere non solo le frasi dei bambini ma anche una rete di luoghi simbolo della fantasia e della creatività bolognese: «usando la strategia della comunicazione commerciale in cui le vetrine attraggono i passanti, le light box rendono visibile ciò che solitamente resta invisibile: i pensieri, i sogni e le osservazioni dei bambini» (AS)

Il progetto, che non sarebbe stato possibile senza la gentile collaborazione di tutti i luoghi che hanno scelto di ospitarlo, è stato avviato col supporto dello Swedish Institute e realizzato per la prima volta nel 2010 a Belgrado (Serbia) in collaborazione con il Cultural Centre Grad. L’anno successivo viene prodotto a Mostar (Bosnia & Herzegovina) in collaborazione con lo Youth Cultural Centre Abrasevic e approda a Bologna grazie alla collaborazione con Nosadella.due – Independent Residency for Public Art.
Qui si sviluppa anche grazie alla gentile partecipazione di: START-Laboratorio di culture creative della Fondazione Marino Golinelli, Scuola Primaria di Marzabotto, Biblioteca per Ragazzi della Sala Borsa, Scuola dell’Infanzia Zamboni, Teatro Testoni, di tutti i bambini che hanno regalato la loro visione, e allo speciale contributo dell’artista Elisa Fontana che ha curato il dialogo con i bambini.

Artista visiva e designer, Aleksandra Stratimirovic è nata a Belgrado dove si è laureata alla facoltà di Arti applicate e Deisgn dell’Università di Belgrado. Ha completato i suoi studi specializzandosi in lighting design all’Università di Belle Arti (Konstfack) e al Royal Institute of Technology (KTH) di Stockholm, dove attualmente vive e lavora.