GENNAIO - FEBBRAIO 2019
“Linea Appennino 1201” è la mostra personale di Angelo Bellobono in cui per la prima volta viene esposto un corpus di opere pittoriche che attraversa la sua ricerca artistica degli ultimi anni.
Realizzata appositamente per lo spazio di AlbumArte, la mostra prende nome dal percorso che l’artista ha compiuto lungo la dorsale appenninica, dal limite sud calabro-lucano del Pollino/Dolcedorme fino all’estremo nord del Monte Maggiorasca in Liguria, salendo le principali montagne di ogni regione italiana.
Ne è nato un nucleo di opere che l’artista ha realizzato con le terre originali di queste vette, tra cui Monte Appennino, un grande quadro in cui tutte si mescolano dando vita alla memoria di un monte immaginato.
“Linea Appennino 1201” si inserisce nella ricerca di Bellobono sul Mediterraneo inteso come un grande lago incastonato tra le montagne, per lui luogo di costante esperienza, lavoro e ricerca, da ragazzino, poi istruttore di sci, come da artista. In tal senso è anche uno sguardo sull’Italia interna, un percorso di memoria e immaginazione, un ponte tra nord e sud, che arricchisce l’esplorazione che da anni compie sulla connessione tra territori.
Quando è nata questa mostra Angelo mi ha espresso l’urgenza di esporre la sua pittura dopo molto tempo in cui il suo impegno espositivo pubblico si era concentrato invece su “progetti”, che erano indagini di territori, luoghi e origini, geologie e antropologie. La pittura è la parte più personale e privata di questa ricerca, l’espressione che ha ininterrottamente praticato per sostanziare d’arte tali esperienze. La pittura è – come dice spesso – un atto di restituzione, l’atto di restituzione della propria storia e della propria memoria. (Elisa Del Prete)
Dipingo per tornare a casa. La pittura è la mia mappa di sudore, vento, freddo, sole, salite e discese, è la costruzione del sentiero. (Angelo Bellobono)
SETTEMBRE 2017 – SETTEMBRE 2018
Bologna by Night è un progetto di Valentina Medda che si propone di sondare la percezione del pericolo nello spazio urbano dal punto di vista femminile, indagando ciò su cui tale percezione si costruisce.
Pensato come format versatile che si arricchisce delle diversità dei contesti in cui ha luogo, giunge a Bologna dopo Parigi e Amsterdam.
A settembre 2017 è stata realizzata la prima fase del progetto in collaborazione con il festival Danza Urbana: un’azione performativa che ha coinvolto (tramite un laboratorio preliminare) nei giorni del festival 15 camminatrici invitate a mappare fisicamente il centro di Bologna al calar del sole prendendo consapevolezza dei percorsi scelti e di quelli schivati secondo regole di esplorazione indicate dall’artista.
Tramite l’esperienza fisica della camminata, usando il proprio corpo come strumento primo di accesso all’ambiente circostante, ma del tutto invisibili ad un pubblico di spettatori perchè autonome nel loro muoversi notturno, ogni donna ha così individuato sulla propria mappa quei luoghi, quelle strade, quelle piazze, quei vicoli per lei cruciali per una libera fruizione della città, facendo emergere quelle ragioni e impressioni, quei sentimenti e quegli istinti che dettano i propri comportamenti quotidiani nell’attraversare i luoghi cittadini.
L’artista ha poi fatto proprie le mappe raccolte attraverso un’azione di cancellatura eseguita manualmente su mappe cartacee (ormai in disuso) della città. Ogni mappa è diventata un ritratto personale dell’esperienza e fruizione che ogni donna ha della città in cui abita.
L’opera finale, composta dalle 15 mappe, è stata presentata a giugno 2018 nella mostra “VEDUTE PROSSIME”, a cura di Piersandra Di Matteo, presso il Garage del Teatro Arena del Sole di Bologna all’interno del Festival Right to the City – Atlas of Transitions Biennale
«Lavorando sul legame fra luogo e memoria, differenze culturali e specificità individuali, – dice – mi interessa capire come si costruisce il senso di familiarità con il luogo, cosa e’ percepito come minaccioso e da cosa dipende il sentirsi minacciati. Quali sono le dinamiche che ci fanno sentire a casa e che ruolo gioca il corpo, con le sue variabili di genere, etnia, eta’, abilita’, nella creazione di questa relazione…? Nel mio lavoro mi interessa il corpo come portatore di cultura e di diversità: a Bologna giocheremo a fare le Flâneuses…mettendo in discussione la pratica tipicamente maschile del flâneurie!» (Valentina Medda)
Il progetto si completa di una pubblicazione d’artista in cui saranno raccolte le quindici mappe.
“Night After Night”racconto per parole e immagini di Valentina Medda
Valentina Medda è artista, attivista ed educatrice proveniente dall’underground artistico e politico italiano e parte della scena DIY newyorkese. Nata in Sardegna e fedele ai suoi antenati naviganti e pensatori, ha viaggiato e vissuto tra svariate città, quattro paesi e due continenti. Negli ultimi anni e’ stata artista in residenza alla Cite’ de arts e Le couvent de Recollet a Parigi, Flux Factory a NY, Les bains connective a Brussels, OPEN/CARE a Milano e Maison Ventidue a Bologna. Ha ricevuto fellowships e grants da ICP – International Center of Photography di NY, Kodak Color Elite, New York Foundation for the Arts, TINA Art Prize. La sua pratica artistica, che attinge ai suoi studi filosofici e al suo background nel teatro fisico, si snoda tra la performance, l’immagine e l’intervento/installazione, situandosi al confine labile che delimita, e lega, pubblico e privato, corpo e architettura, città e appartenenza sociale. Oltre a lavorare come mentor per l’Immigrant Artist Program della NYFA-NY Foundation for the Arts e come assistente insegnante nelle scuole pubbliche, Medda sta portando avanti un progetto di intervento site specific negli spazi domestici (“Healing Interventions”) e un progetto partecipativo di traduzione dei segni urbani in tatuaggi. www.valentinamedda.com
Valentina Medda “Bologna by Night”
a cura di Elisa Del Prete
(parte di Cities by Night)
Performance
Danza Urbana Festival – Bologna, 5-9 settembre 2017
Laboratorio in collaborazione con Gaspare Caliri, etnosemiotico
presso e grazie a Borgo22 e Next Generation Italy, associazione di promozione dell’intercultura digitale
col supporto digitale di Freeda.it
Mostra
“VEDUTE PROSSIME” Bologna, Arena del Sole – Garage, 16 – 24 giugno 2018
a cura di Piersandra Di Matteo
con ZimmerFrei, Alessandro Carboni, Anna Raimondo
Nell’ambito di “Right to the City | Diritto alla Città” prima fase di “Atlas of Transitions Biennale”
mostra 19.05 – 23.07.2017
Salvatore Nocera. Un decennio di ritardo è la prima mostra personale di Salvatore Nocera nella sua città natale, a quasi dieci anni dalla morte dell’artista, avvenuta nel 2008.
L’esposizione nasce dalla stretta collaborazione tra Eva Picardi, erede testamentaria di Nocera assieme alla madre Felicia Muscianesi, la curatrice Elisa Del Prete e Mario Giorgi, autore che ha conosciuto l’artista in vita, i quali, sulla base di una documentazione ancora frammentaria e attingendo alle opere rinvenute presso alcune collezioni private, hanno avviato un primo lavoro di riscoperta di un autore e di una carriera artistica sfuggente, durata quattro decenni, dalla fine degli anni Quaranta all’inizio degli anni Novanta. Promossa nell’ambito delle attività dell’associazione culturale Bologna per le Arti con il patrocinio del Comune di Bologna e della Regione Emilia-Romagna, la mostra propone una selezione finale di quasi settanta opere tra tele, disegni, bozzetti e alcuni scritti, nell’intento primario di restituire alla città un patrimonio artistico-culturale a oggi nascosto.
Nato a Bologna nel 1928 e trasferitosi a Parigi dalla fine degli anni Cinquanta, Salvatore Nocera non espone mai in città, tranne che in alcune mostre collettive giovanili. Di indole riservata, lascia ben poche tracce del suo percorso, talvolta arrivando a distruggere le sue stesse opere. Muovendo da una figurazione iniziale (in cui si interroga evidentemente sulla lezione del Rinascimento), verso la metà degli anni Sessanta inizia a lavorare a una pittura decisamente più materica interpretando in chiave del tutto personale un “nuovo naturalismo” che risente certamente della lezione del critico Francesco Arcangeli. Il disegno accompagna tutto il suo percorso mentre il paesaggio diventa oggetto della sperimentazione pittorica e il tema della figura femminile scandisce e articola una mitologia moderna in cui l’artista stesso è immerso.
A completamento della mostra, il primo catalogo sull’artista ripercorre l’evoluzione della ricerca di Salvatore Nocera restituendone un percorso critico e la dovuta legittimità anche grazie al testo critico di Graziano Campanini e alla presentazione della curatrice Elisa Del Prete.
Artista di ampia cultura e di inesausta curiosità, Salvatore Nocera ha lasciato una preziosa biblioteca di oltre 8000 volumi che le eredi hanno deciso di destinare alla città per mezzo di una donazione alla Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna, mentre il MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna e il Museo MAGI’900 di Pieve di Cento acquisiranno in collezione alcuni dei lavori.
FEBBRAIO 2019
“FORZA UOVA” è la prima mostra a Bologna di Alterazioni Video, a cura di Elisa Del Prete e Silvia Litardi, promossa da ART CITY Bologna 2019 in occasione di Arte Fiera, un’incursione inedita sulle ultime produzioni “Turbo Film” del collettivo italiano, che si propone non soltanto come esperienza espositiva bensì come vera e propria immersione nella pratica artistica del collettivo.
Hai presente quando ti arriva un Super Tele in faccia? Il primo istinto è bucarlo ma poi ti ritrovi in piazzetta a tirare punizioni. Il Turbo Film è l’equivalente di una pallonata o di una banca che brucia o di un bacio inaspettato, magari di un tipo sudato e con la barba. (Alterazioni Video)
Il Turbo Film è un genere cinematografico che si pone tra gli spaghetti western e il neorealismo di YouTube. Spesso improvvisato e partecipato, si richiama agli albori del cinema mantenendo le sue radici nell’arte contemporanea. In queste video produzioni, che nascono da occasioni estemporanee, impreviste e si caratterizzano per la bassa definizione, il coinvolgimento di persone sconosciute o appena conosciute, il fotomontaggio, la natura indefinita e mai conclusa, convivono e confliggono il glitterato mondo fashion e la speculazione geopolitica, storie minime, mondi e culture che un tempo si sarebbero detti underground.
Cuore del progetto è l’installazione “FORZA UOVA”, creata appositamente per la sede speciale di Voxel, dove video, sculture e oggetti di scena compongono un cluster delle ultime produzioni Turbo Film con un affondo ironico sul tema delle fake news, oggetto del loro ultimo “Guerra e Pace” girato a Mosca nell’autunno 2018, che sarà poi proiettato al Cinema Medica Palace durante l’Art White Night in occasione del cinema event con l’ospite d’eccezione Petr Bystrov, direttamente dalla Russia, che assieme agli artisti guiderà il pubblico in una lezione di educazione all’autodisciplina.
Il programma:
Alterazioni Video
FORZA UOVA
A cura di Elisa Del Prete e Silvia Litardi
@ Voxel | via di Corticella 56, Bologna
venerdì 1 febbraio 2019
opening mostra e brunch, ore 11-14
festa, ore 21 – 1
La mostra presso Voxel si potrà visitare
da giovedì 31 gennaio a domenica 3 febbraio 2019
dalle ore 10 alle ore 20
Eventi
Cinema Event TurboFilm
@ Cinema Medica Palace | via Monte Grappa 9, Bologna
sabato 2 febbraio 2019, dalle ore 23.23
biglietto intero 8 euro con possibilità di acquisto in prevendita fino al 30 gennaio a 3 euro
riduzione con biglietto Arte Fiera 5 euro
TurboFilm a colazione con presentazione di Lorenzo Balbi
@ Cinema Medica Palace | via Monte Grappa 9, Bologna
domenica 3 febbraio 2019, ore 12.00
biglietto intero 10 euro comprensivo di colazione
con possibilità di acquisto in prevendita fino al 30 gennaio a 5 euro
riduzione con biglietto Arte Fiera 7 euro
Presentazione del libro Incompiuto. La nascita di uno stile (Humboldt Books) con Alterazioni Video
e FOSBURY ARCHITECTURE in dialogo con Silvia Litardi
@ Fruit Exhibition | Palazzo Isolani, Corte Isolani 5, Bologna
sabato 2 febbraio 2019, ore 16.00
ingresso libero
Promosso da ART CITY Bologna 2019
29-31 GENNAIO 2017
La mostra “Pssst Pssst” di Chiara Camoni, presentata all’interno di FRUIT Exhibition, nell’ambito di ART CITY Bologna in occasione di ARTE FIERA 2017, espone per la prima volta al pubblico le tavole originali dei disegni realizzati dall’artista per il libro omonimo edito dalla casa editrice Les Cerises, un progetto editoriale ideato da Angelika Burtscher, Agnese e Cecilia Canziani e Daniele Lupo per realizzare, con artisti, designer, architetti che non si sono mai misurati prima con l’editoria per l’infanzia, libri per bambini senza parole, rigorosamente a tiratura limitata.
I temi che caratterizzano l’indagine artistica di Chiara Camoni, di formazione scultrice, sono lo scorrere del tempo, la natura e la sua potenza creatrice, il rito, gli affetti e le relazioni. Trovandosi a sperimentare una figurazione per bambini l’artista si è resa conto di quanto l’aderenza al reale, il tratto del disegno più che del colore, un mondo riconoscibile e a portata di mano, generasse in loro un’attrazione impensata. E’ bastato dunque metterli in fila e lasciare che gli animali iniziassero a parlare tra loro, come spesso succede nei libri per ragazzi…Ne è nato un libro “infinito”, circolare, privo di un inizio e di una fine, ispirato al gioco del telefono senza fili, dove animali che non si sarebbero mai nemmeno avvicinati, come una farfalla e un topo, un’aquila e un serpente, si bisbigliano all’orecchio chissà quale segreto: un libro dinamico che, assieme a Les Ceries, l’artista ha trasformato in una vera e propria scultura.
Realizzata ad hoc per la Cappella Tremlett di Palazzo Re Enzo a Bologna, la mostra, rigorosamente monocroma e figurata, è stata allestita dallo studio Lupo & Burtscher.
Chiara Camoni. Nata a Piacenza nel 1974, vive e lavora in Toscana, sui monti della Versilia. Ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Brera, dove si è laureata nel 1999. Per alcuni anni è direttore artistico dell’Istituto per la Diffusione delle Scienze Naturali di Napoli e tra il 2002 e il 2006 è stata invitata a tenere cicli di conferenze presso la sezione didattica del Museo Archeologico Nazionale. Negli ultimi anni Chiara Camoni, con gli artisti Alessandra Andrini e Luca Bertolo, dirige il MAGra (Museo d’arte contemporanea di Granara, Parma). Mostre personali (selezione): 2016 Il Grande Baccano, Chiara Camoni e 736 bambini, Pinacoteca Civica B. Malajoli, Fabriano; 2015 Gli immediati dintorni, Nomas Foundation, Roma; La ninessa e altre creature, Centro espositivo Villa Pacchiani, Santa Croce sull’Arno; Del questo e del quello. Del sé e dell’altro. Come tutto., Studio LCA, Milano; 2014 La pazienza è virtù dei manufatti, Spazio A, Pistoia, 2014. Mostre collettive (selezione): 2016 Anachronikos, CAC-Contemporary Art Centre in Vilnius, Lituania; Dall’oggi al domani, MACRO, Museo di arte Contemporanea, Roma; 2015 Chaotic Passion, Villa Croce, Genova; Ri-pensare il medium: il fantasma del disegno, Casa Masaccio, San Giovanni Valdarno;Tutta l’Italia è silenziosa, Reale Accademia di Spagna, Roma; Follerre & Folleroo, Arcade Fine Arts, Londra; 2014 To Continue. Notes towards a Sculpture Cycle, Nomas Foundation, Roma.
“La serietà con cui ci stanno di fronte così esattamente” testo di Elisa Del Prete
29-31 gennaio 2016
Moving Borders (2015) è il titolo di una serie di libri d’artista di Angelo Bellobono in cui protagonista è senza dubbio la pittura, pratica con cui l’artista si confronta da anni e che diventa qui necessaria compagna di pensieri nel suo ultimo girovagare per luoghi, culture e tempi diversi.
I primi tre libri della serie, assolutamente inediti, sono presentati a Bologna in occasione della quarta edizione di FRUIT Exhibition, fiera dell’editoria indipendente, nell’ambito di ART CITY Bologna 2016, all’interno dell’elegante cornice dai toni minimalisti della Cappella Tremlett di Palazzo Re Enzo.
Ideatore e attivatore delle due piattaforme interdisciplinari Atla(s)now e Before me and after my time, la prima un progetto di residenza avviato con le comunità Amazigh sulle montagne dell’Atlante in Marocco, la seconda un programma di avvicinamento e approfondimento della storia originale dei primi abitanti di New York, i Nativi americani “Lenni Lenape” (coloro che diedero il nome a Manhattan, “Manna-Hatta: isola dalle molte colline”), Angelo Bellobono si è spostato, negli ultimi due anni, tra quelli che erano i confini primordiali della Terra nella Pangea (dove buona parte del Nord e del Corno d’Africa combaciava appunto con il Nord America) nel corso di una ricerca utopica di territori e culture originali. Qui ha incontrato luoghi, popoli e persone, con cui ha condiviso e avviato progetti di scambio culturale, ed è in questa necessaria condizione di ascolto e continua transitorietà che sono nati gli appunti sulle riviste che poi hanno dato origine ai libri di Moving Borders.
Angelo Bellobono (Roma, 1964) vive tra Roma, New York ed Imlil. La sua ricerca indaga la geopolitica, l’uomo e il territorio, evidenziando il difficile rapporto di appartenenza e identità, intesa non solo in senso socio culturale, ma anche geo-biologico e il suo lavoro attraversa la pratica pittorica secondo declinazioni varie sia rispetto ai supporti che all’indagine dei soggetti. Le sue opere sono state esposte alla XV Quadriennale di Roma, alla IV e V Biennale di Marrakech alla Fondazione Volume a Roma, nelle gallerie Wunderkammern (Roma), Envoy Gallery (New York), Changing Role (Napoli), Frank Pages (Ginevra), Biasa ArtSpace(Bali) oltre che in mostra collettive a Calcutta, New Delhi, Bruxelles, Cairo. Nel 2002 è tra i finalisti del Premio Lissone; nel 2005 vince il Premio Celeste per la pittura; nel 2009 è vincitore della sezione Drawing nel premio americano Artslant; nel 2011 è finalista al premio Combat; nel 2012 è tra i finalisti del Premio Portali dello Scompiglio. I suoi lavori sono presenti in varie collezioni pubbliche e private quali MAAM di Roma, Ministero degli Affari Esteri, Benetton, Hoguet, Floridi, Peretti.
“MovingBorders/Confini in movimento” testo critico di Elisa Del Prete
28.10.2012 - 6.1.2013
The Remains of the Father – Fragments of a Trilogy (Transhumance) (2012, 24’) è la prima mostra personale in Italia dell’artista sudafricana Bridget Baker.
Promossa da MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, a cura di Elisa Del Prete, ed esposta negli spazi espositivi della Collezione Permanente (28.10.12 – 6.01.13), la mostra presenta una grande installazione video, prima parte di una trilogia in cui l’artista esplora un tema ancora scarsamente indagato dalla storiografia italiana quale la storia coloniale in Eritrea durante il regime fascista.
Fortemente influenzata dalla sua vicenda biografica di sudafricana bianca cresciuta durante e dopo l’Apartheid, Bridget Baker indirizza la propria ricerca verso l’esplorazione delle dinamiche di potere e dominazione tra i popoli, inserendosi all’interno di quelle esperienze, sempre più numerose nella produzione artistica attuale, che si interrogano sulla legittimità dell’eredità storica e delle sue fonti ufficiali per metterne in discussione i codici di interpretazione. L’opera è il risultato di un programma di residenza svolto da Bridget Baker a Bologna nel corso del 2012 su invito di Nosadella.due – Independent Residency for Public Art, durante il quale l’artista ha sviluppato un’indagine basata sulla esplorazione di archivi e biblioteche in Italia, e sull’incontro con numerosi interlocutori, tra i quali storici, esperti di cinema, psicologi, sociologi, architetti e esponenti di diverse comunità eritree italiane. Recuperando tracce depositate dalla storia ufficiale – dai cinema di propaganda alle corrispondenze ufficiali conservate negli archivi del Ministero degli Esteri – e frammenti di vicende private realmente vissute – ricavati da conversazioni, testi di letteratura di viaggio e diaristica – la visione raccolta da Baker è risultata assai eterogenea e discontinua come racconta lei stessa:
«Tante voci senza nessuno che raccontasse la storia, una storia per intero».
Con il lavoro presentato al MAMbo Baker restituisce la complessità della ricostruzione storica, scegliendo di far emergere quella memoria “mancante” sempre sottesa a ciò che viene ufficialmente trasmesso, attraverso il caso di due coniugi bolognesi, Giovanni Ellero e Maria Pia Pezzoli, vissuti in Africa Orientale Italiana quando Ellero svolge l’attività di funzionario presso il Ministero dell’Africa Italiana tra il 1936 e il 1941. Gli archivi personali Ellero e Pezzoli – oggi conservati rispettivamente presso il Dipartimento di Discipline Storiche, Antropologiche e Geografiche dell’Università degli Studi di Bologna e la Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio – rappresentano un’incursione significativa nella ricerca storico-antropologico-linguistica dell’area coloniale italiana.
La straordinaria ricchezza composita dei materiali qui raccolti – corrispondenze epistolari, sigilli, mappe, quaderni autografi, dattiloscritti, disegni, fotografie – e la complessità del processo con cui essi si sono stratificati e tramandati nel tempo ha ispirato all’artista l’idea di una narrazione visuale, in cui elementi fiction si mescolano a tracce di una storia reale dimenticata. Il film si svolge interamente all’interno di una ricostruzione fittizia dell’ufficio di Giovanni Ellero mostrando la protagonista, una giovane ricercatrice eritrea, impegnata nel lavoro di traduzione dall’amarico al tigrino di un manoscritto inedito redatto da Ellero tra il 1939 e il 1940 dal titoloContributo alla nascita dello stile coloniale. In esso emergono una interpretazione critica del programma governativo di sviluppo urbanistico e architettonico nei territori coloniali e la proposta di un approccio non ideologico per la definizione di un linguaggio progettuale che nasca da un dialogo con la cultura edilizia autoctona. Interamente girato a Bologna presso un’abitazione appartenente al complesso architettonico di epoca fascista “Villaggio Bandiera” grazie all’ausilio di Comune di Bologna – Settore Servizi per l’Abitare e ACER, il progetto filmico è stato realizzato con la collaborazione di Articolture per le fasi di produzione e post-produzione e di MC A-Mario Cucinella Architects, associazione GArBo – giovani architetti bologna e Delta-bo Project per la consulenza scenografica e di allestimento. In accordo con gli eredi Ellero, il Dipartimento di Discipline Storiche, Antropologiche e Geografiche dell’Università degli Studi di Bologna ha gentilmente prestato parte dei materiali conservati nell’archivio del Fondo Giovanni Ellero in occasione delle riprese e della mostra al MAMbo.
L’opera The Remains of the Father – Fragments of a Trilogy (Transhumance) è entrata a far parte della Collezione Permanente del MAMbo.
mostra, conferenza, performance OTTOBRE - NOVEMBRE 2011
Quattro interventi di Marta Dell’Angelo per Gender Bender 2011 è un ampio progetto monografico dedicato a Marta Dell’Angelo, artista che ha fatto del corpo femminile e della sua rappresentazione il soggetto principale della sua ricerca.
Il percorso ideato per il festival vuole offrire uno sguardo ampio sul suo lavoro, proponendo un excursus su tutto il suo processo creativo che si formalizza, oltre che attraverso un virtuoso linguaggio pittorico, per cui è più conosciuta, anche nell’installazione, nella performance come spazio sospeso di percezione temporanea, come in progetti di stampo più relazionale, o nella produzione di libri. La sua indagine riflette infatti, in modo più generale, sulla trasmissione delle immagini, sui codici relazionali e fisici istituiti nel tempo, sul sentire e il sentirsi femminili rispetto alle forme di rappresentazione convenzionali, sulla relazione arte e scienza, tra esperienza personale e conoscenza acquisita.
Il progetto si articola in quattro momenti e quattro luoghi distinti che, attraverso formati diversi e complementari quali quello della mostra, del libro e della performance, presentano il lavoro dell’artista da diverse prospettive mettendo in risalto il processo creativo e le forme molteplici che derivano da una complessa indagine sulla relazione tra corpi e codici sociali.
La conferenza / performance di presentazione del libro “Manuale della figura umana” vedrà alcuni esperti di vari ambiti disciplinari tra cui gli storici dell’arte Fabrizio Lollini e Cecilia Scatturin, la danzatrice Silvia Gribaudi e l’attrice Eva Robin’s, confrontarsi sul tema del corpo “vissuto” e “rappresentato” a partire da alcune suggestioni ricavate dal libro stesso. Accompagneranno la conferenza le improvvisazioni di Antonella Previdi, Maia Pedullà, Davide Lora, Marcello Colombarini, Elena Del Prete, Ivana Fall, Serena Rossi.
Desumendo la forma dalla struttura classica dei manuali accademici e medici di origine rinascimentale “Il Manuale della figura umana”, realizzato dall’artista nel 2005 e pubblicato dall’editore Gli Ori nel 2007, conserva il modello tradizionale solo nella divisione in capitoli (corpo, autoritratto, testa, arti superiori e inferiori, interconnessione delle forme), per rinnovarne e attualizzarne i contenuti. Con un nostalgico omaggio a riviste di vario genere degli anni Cinquanta, il libro propone un collage di opere, immagini, parole, testi, (tra gli autori Woody Allen, Sartre, Bukowski, Pasolini), frammenti, fotografie, appunti, ritagli di giornali e immagini rubate da internet, di cui Marta Dell’Angelo si appropria per creare collegamenti e associazioni come in un gioco ad incastro. Un esperimento che, a partire dall’esperienza personale dell’artista, che gli dà forma in diversi anni di ricerca e raccolta, forgia nuovi codici espressivi e rappresentativi del corpo femminile; codici attuali, legati a una percezione, a un sentire e a un agire quotidiani, in cui il lettore può riconoscere immaginari veicolati dai nuovi media come dalla cultura classica (internet, cinema, televisione, pubblicità, carta stampata, fotografia e arte) ma anche una gestualità intima che appartiene al vissuto privato.
La mostra “Joint”, presso Nosadella.due, in cui l’artista presenta i lavori inediti Chairs (2010-) e La polena (2011), oltre a una produzione appositamente realizzata per gli ambienti domestici della residenza. Ermeticamente protagonista della sala d’ingresso è l’opera “Antologia delle Posizioni” (2009), un progetto unico costituito da un libro/collage in formato pellicola in cui l’artista ha costruito, attingendo a varie fonti (giornali, riviste, manuali, libri), un vero e proprio racconto corale della raffigurazione del corpo femminile nel tempo.
Custodita all’interno di una scatola sigillata, l’opera fa da preludio alla omonima performance “Antologia delle Posizioni” in cui, presso il foyer del MAMbo, il libro che vi è contenuto diventa accessibile al pubblico grazie al prezioso aiuto di due custodi atte a maneggiarlo ai due capi di un tavolo lungo 15 metri. Oltre 4000 immagini di corpi scorrono lungo per oltre 200 metri di libro in una sorprendente installazione ambientale che ricorda lo sviluppo di una pellicola dove protagonista è un nudo femminile nella sua dignità classica. Conclude la performance la danzatrice portoghese Márcia Lança mettendo in scena alcune delle posizioni dell'”Antologia” in un susseguirsi poetico di gestualità codificate.
Infine, l’azione di strada “Troca” (“Cambio” in portoghese), realizzata presso il Giardino del Cavaticcio e visibile solo dalla balconata soprastante in prossimità del MAMbo, fa assistere il pubblico, quasi per caso, ad uno scambio di abiti e, forse, d’identità, un flash onirico che si offre all’istinto voyeuristico dei curiosi di passaggio.
Marta dell’Angelo è nata a Pavia, vive e lavora a Milano. Ha esposto presso PAC di Milano, Museion di Bolzano, Galleria Civica di Monfalcone, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino. Espone per varie gallerie all’estero e nel 2009 è stata invitata alla Biennale di Tirana. A settembre 2011 è stata invitata dal Museo del Novecento per realizzare un progetto speciale per il ciclo “Primo piano d’artista”. Ha vinto il Premio New York.
Installazione site specific Gennaio - Dicembre 2015
Verde che ti voglio verde. / Verde vento. Verdi rami. / La nave sul mare / e il cavallo sulla montagna. / Con l’ombra alla vita / lei sogna alla sua balaustra, / verde carne, chioma verde, / con occhi di gelido argento. (da Romance sonámbulo, di Federico García Lorca, 1928)
In occasione di ART CITY Bologna, l’opera Verde di Luca Bertolo inaugura il ciclo di interventi artistici per il foyer (ribattezzato Il Nulla) dei nuovi spazi di Atelier Sì a Bologna.
Grazie alla collaborazione con Nosadella.due ogni anno un artista interverrà nello spazio de Il Nulla con un’opera pensata per accompagnare la programmazione nel suo evolversi stagionale in tutte le sue forme, mutante nel suo naturale divenire di luogo di passaggio e permanenza.
Luogo dell’attesa, della vita, del prima e del dopo, Il Nulla inaugura ribadendo la molteplicità di scenari che questo rinnovato spazio cittadino si prospetta con un intervento di Luca Bertolo che vede il coinvolgimento di un gruppoo di bambini invitati a relazionarsi con lo spazio e le sue pareti.
Verde non prevede limiti alla loro immaginazione e/o conformazione, tranne il colore verde, con le sue infinite sfumature, e la linea di confine che segna l’altezza massima dell’intervento.
Pittore di natura e di formazione, Bertolo adotta il verde come colore più esteso attraverso cui condividere con altri la sua pratica pittorica, il suo esercizio quotidiano, il suo lavoro sulla forma espressiva per eccellenza, la pittura. Altri che sono, assieme a lui e ai bambini che con lui daranno vita alla decorazione, gli altri che attraverseranno lo spazio nel suo primo anno di attività e incontreranno lì visioni, fantasie, segni, nel loro puro nascere dal gesto.
L’opera è stata realizzata grazie alla collaborazione con la Scuola Elementare Guido Reni
Luca Bertolo (Milano, 1968), laureato in Scienze dell’Informazione all’Università Statale di Milano (1992) e diplomato in pittura all’Accademia di Brera nel 1998, ha vissuto a São Paulo (1979-1981), Londra (1992), Berlino (1998-2004) e Vienna (2005). Abita in un paese sulle Alpi Apuane. Ha partecipato a mostre in spazi pubblici e privati. Nel 2000 ha ricevuto una borsa di studio annuale dalla Pollock-Krasner Foundation di New York. Dal 2010 al 2012 ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Dal 2014 insegna in un Master of Fine Arts presso la SACI (Studio Art Centers International), Firenze.
settembre 2008 - febbraio 2009
Jukka Korkeila e Heidi Lunabba sono i due artisti finlandesi in residenza a Nosadella.due da settembre a novembre 2008, invitati dalla curatrice Annamari Vänskä (già in residenza e gennaio 2008) nell’ambito del Festival Gender Bender, di cui Nosadella.due cura la sezione Arti Visive.
Giocando sul ribaltamento dei ruoli di uomo/donna, durante il periodo di residenza a Nosadella.due Lunabba ha allestito Studio Vilgefortis, un salone da barbiere ambulante per offrire un servizio di temporanea “alterità”. Nei giorni del 4 ottobre (h 11-19), del 12 (h 11-19), del 18 e del 31 ottobre (h 18-22), in alcuni luoghi di Bologna pubblici e privati di differente frequentazione, il pubblico femminile di passaggio diventa protagonista di una performance in cui è lecita la “libertà di un altro look!”. Dalla performance nasce una serie fotografica di ritratti che da Bologna prosegue poi in altre città europee.
Con 2 Minutes Hunger Strike, invece, Jukka Korkeila ha realizzato un lavoro su larga scala, servendosi di un immaginario di genere arricchitosi dell’esperienza in città, e dialogando dinamicamente con un’ambientazione assolutamente discordante: la grande installazione pittorica racconta di una città contraddittoria appunto, quale Bologna si trova da sempre ad essere, divisa tra un apparente determinazione all’impegno attivo e uno spirito di sacrificio che non superi i due minuti di sciopero della fame.
L’installazione finale del wall paiting-paper viene infatti allestita allo storico caffè bolognese Le Stanze: una cappella privata e decorata da affreschi Cinquecenteschi della famiglia Bentivoglio, la cui destinazione d’uso originale si contrappone all’utilizzo attuale che la vede teatro di notti trasgressive e feste animate.
In dialogo con i due progetti artistici Nosadella.due propone due momenti per indagare il tema dell’erotismo nell’arte e cultura contemporanea: la tavola rotonda Pornografare, (31 ottobre, ore 11-13; 15-17, MAMbo) con Pietro Adamo, Pietro Gaglianò, Sergio Messina, Gaia Novati, Susanna Paasonen, Filippo Porcelli, Annamari Vänskä, moderata da Elisa Del Prete, e la rassegna di video d’artista Arte vs Porno. Pretesti erotici da Italia e Finlandia (1 novembre 2008, ore 16.30, Cinema Lumiere – 2 novembre ore 16-20, Nosadella.due), a cura di Elisa Del Prete e Annamari Vänskä, con i lavori di Marco Belfiore, Hard On (no more), 2006; goldiechiari, Cosmic Love, 2008, Diego Marcon, This Is Not Pornography, 2006; Lucia Leuci, Good Vibrations, 2004; Italo Zuffi, Shaking Girl, 2005, 8’ 45’’; Marta Dell’Angelo, Preliminari, 2007/2008; Benedetta Panisson, Atto Muto (The Porno Worker), 2007; Dafne Boggeri, Fat/Soft/Normal/Skinny, 2005; Cuoghi e Corsello, Bello, 1995; Globalgroove, Into My Eyes, 2007; Minna Suoniemi, Blow Job, 2008; Tea Mäkipää, Sexgod, 2003; Maria Duncker, Porn, 2007; Mimosa Pale, Mobile Female Monument, 2007; Teemu Mäki, Kaliki, 2006; Iiris Saaren-Seppälä, Tribe, 2003; Arto Korhonen, Teddy Bear’s Picnic, 2000.
Heidi Lunabba (1977), ha già partecipato a numerose mostre collettive presso spazi museali scandinavi come il Miasma, la Kunsthalle di Helsinki e il Platform di Vaasa, oltre ad aver partecipato a progetti speciali per la Biennale di Istanbul nel 2005 e per quella Baltica nel 2006 e a numerosi progetti di arte pubblica.Considera l’arte come strumento di influenza politica e sociale, come azione talvolta impercettibile ma incessante. La sua ricerca, orientata ad indagare gli stereotipi di comportamento sociale rispetto all’identità sessuale, le differenze tra uomo e donna, come le strategie di potere e dominazione culturale, si compie attraverso forme artistiche performative e installative che svelano anche il suo approccio ad una pratica artistica di tipo “comunitario” più che individuale: “credo che la gente abbia idee interessanti e voglio che il loro punto di vista emerga attraverso la mia arte…”
Jukka Korkeila (1968), oltre ad essere presente con suoi lavori nelle collezioni dei più importanti musei dei paesi nordici, come il Kiasma di Helsinki, il museo di Goteborg, di Malmo, di Uppsala e di Tampere, ha partecipato alla Biennale di San Paolo nel 2004, a quella di Praga del 2007, e a numerose collettive in tutto il mondo. conclusola recentemente concluso due importanti personali al Moderna Art Museet di Stoccolma e al Nordic Watercolour Museum di Skärham, delineandosi come un artista decisamente in forte crescita. Korkeila ha ricevuto una menzione speciale all’ultima edizione del Carnegie Art Award.
Il suo lavoro, divertente e complesso al tempo stesso, la cui acutezza si concentra sul puntuale o si dipana smisuratamente, si concentra sulla rappresentazione di uno stereotipo maschile pieno di contraddizioni, forte e sofferente, opulento e afflittoche prende letteralmente forma nei disegni ad acquerello come nelle grandi pitture su muro a spray o ad olio in un dialogo con lo spazio che coinvolge lo spettatore attraverso un’esperienza quasi iniziatica.
Gennaio - Luglio 2007
Nosadella.due apre con la residenza a gennaio dei curatori Chris Sharp (USA) e Lupe Núñez-Fernández (E), che selezionano rispettivamente i due artisti André Guedes (P) e Xana Kudrjavcev-DeMilner (USA) per la seconda fase del progetto, la residenza per artisti che si svolge nei successivi mesi di maggio e giugno.
Transiti narra gli esiti di un passaggio, di un presente in rapida trasformazione, di un momento temporaneo destinato a cambiare ma a lasciare al tempo stesso le sue tracce. Il transito è quello degli artisti stessi, da un certo contesto geografico, sociale e culturale a un altro, ma è anche quello di una città, Bologna, che vive una fase di grandi cambiamenti, proiettandosi verso nuovi traguardi con uno sguardo non sempre attento alla tradizione passata.
Le installazioni di Guedes e Kudrjavcev-DeMilner recuperano questo sguardo riconducendolo a una visione che è quella di spettatori esterni in grado di leggere, o almeno intuire, il flusso corrente di una città in trasformazione.
I lavori presentati dai due artisti vengono ospitati dal 6 al 29 luglio al Museo internazionale della musica di Bologna, presso l’affascinante settecentesco Palazzo Sanguinetti nel centro storico della città. Le opere in mostra raccontano il risultato di un periodo di lavoro in cui gli artisti sono stati in contatto con la città e la sua storia.
Better days di Andrè Guedes prende spunto da un fatto di pregnante attualità come la chiusura dell’ennesimo cinema bolognese, il Nosadella. Posto proprio di fronte alla sede della Residenza di cui Guedes è stato ospite, il cinema era stato originariamente scelto come sede dell’esposizione stessa in quanto parte di un quartiere culturale in via di affermazione. A partire dal significato di tale contesto, in cui oggetti e architetture del cinema diventavano sfortunati protagonisti di un cambiamento di funzione degli spazi, Guedes opera una trasposizione di essi che intende dar loro nuova vita a partire dalla precedente. Ecco allora il dislocamento spazio-temporale di alcuni elementi strutturali e funzionali del cinema per alludere alla nuova come alla precedente identità di esso.
A completamento del progetto, l’installazione sonora Final Sequence diffusa lungo lo scalone del Museo e all’interno del suo cortile, ogni giorno, durante gli ultimi 10 minuti di apertura del museo, coglierà di sorpresa il pubblico italiano proiettandolo indietro nella propria storia culturale.
Leit motiv di tutta la mostra è il tempo, un tempo che è prima di tutto quello breve di un periodo di passaggio degli artisti stessi, quindi quello lungo della storia attuale in cui il presente si nutre del passato per preservarsi da, e confrontarsi con, il futuro.
Anche le animazioni di Xana Kudrjavcev-DeMilner suggeriscono un’atmosfera passata. Colori, forme, immagini in movimento, sono veicoli di una memoria visiva collettiva ma soprattutto personale. A partire da animazioni stop motion l’artista costruisce pensieri che sono pure astrazioni in cui le sembianze originali perdono la loro concretezza in favore di una messa in atto reale di qualcosa di fantastico. Le sue animazioni sono il frutto di un percorso che, dalla pittura degli inizi, è giunto poi a lavori di collage. Serbatoio di immaginario è stato poi il cinema sperimentale d’animazione di inizio secolo. Come una bambina che si diverte a ritagliare le silhouette e ad animarle, Xana Kudrjavcev-DeMilner non manca di far emergere anche l’aspetto giocoso, talvolta quasi sadico, del processo di creazione. Ogni scatto genera l’alterazione delle forme sotto l’influsso di una casualità che ne altera completamente l’originaria valenza.
In residenza a Nosadella.due Xana Kudrjavcev-DeMilner ha avviato anche una collaborazione con i due musicisti della scena musicale d’avanguardia locale, Nathia (Francesco Cavaliere) and Salvatore Arangio. In un modo simile a come nasce il video, il suono scaturisce, a partire dalle immagini stesse, dall’accostamento sperimentale di frammenti sonori.
ANDRé GUEDES
André Guedes (Lisbona, 1971) vive tra Lisbona e Vigo.
Il suo lavoro riflette sugli spazi e i luoghi, sulla loro condizione presente, passata e futura, sul modo in cui la gente si relaziona ad essi, trasformandoli o meno, sul processo di identità e/o alterità che scaturisce da questo incontro – di persone con e nello spazio.
Dopo la laurea in Architettura nel 1996 presso l’Universidade de Técnica di Lisbona, André frequenta i corsi di specializzazione post-laurea in Antropologia degli Spazi (Lisbona) e Le Pavillon presso il Palais de Tokyo, Paris.
XANA KUDRJAVCEV-DEMILNER
Xana Kudrjavcev-DeMilner (Los Angeles, 1974) vive e lavora a Berlino.
Nel 2003 ottiene il Master in Belle Arti presso la Yale University, New Haven, Connecticut.
NOVEMBRE 2007 - GENNAIO 2008
Nico Dockx (B) e Andreas Golinski (D) sono artisti in residenza a Nosadella.due da novembre 2007 a gennaio 2008.
L’invito a Nico Dockx, selezionato dal curatore del MAMbo Andrea Viliani, in collaborazione con Nosadella.due e Gino Giannuizzi di neon>campobase, ha dato vita a un inedito progetto di collaborazione, a una convergenza solidale verso un’unica modalità d’azione, per quanto temporanea e occasionale, fra soggetti differenti quali appunto Nosadella.due, MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, e neon>campobase, storica piattaforma di sperimentazione artistica bolognese.
Al termine della residenza Nico Dockx ha realizzato through time & today, un doppio intervento sviluppato tra Nosadella.due e neon>campobase quale tappa bolognese di un “archivio del presente” cui l’artista lavora da anni quale lettura a posteriori di accadimenti, situazioni, dialoghi, immagini, relazioni, che hanno fatto parte della sua vita e di cui ha più o meno volontariamente conservato un frammento.
“L’archivio è uno strumento cinetico per la comunicazione e la connessione con l’“altro”…I miei archivi credo siano una mescolanza di molte differenti costellazioni private e di misteriose alchimie personali.” (ND)
A neon>campobase Dockx presenta una triplice versione del video through time & today in cui si raccontano tre differenti e possibili approcci alla narrazione. Tutti ugualmente validi, la versione definitiva di un video già pubblicamente esposto, quella precedentemente scartata, come l’ulteriore versione che ne svela il processo di ripresa originale, i tre approcci alla stessa realtà suggeriscono lo scorrere del tempo e l’impossibilità di una codificazione definitiva.
Per Nosadella.due, through time & today si arricchisce invece dell’esperienza avuta nei due mesi di permanenza a Bologna per trasformarsi in un libro d’artista che, redatto in collaborazione con Helena Sidiropoulos, scrittrice e artista belga, già compagna di Dockx in numerosi progetti, illustra una duplice lettura di materiali appartenenti ad un tempo comune ma a una percezione ed esperienza talvolta differenti. Un libro che si avvale dell’apporto di altri contributi (quelli di Andrea Viliani, Elisa Del Prete, Gino Gianuizzi), che diventano nuovi documenti dell’esperienza, e di un reader molto speciale come Douglas Park, già collaboratore di Nico Dockx in altri progetti, in grado di fornire una lettura vocale, ponte di connessione col pubblico, nel corso di una doppia performance per l’inaugurazione.
Accanto alla pubblicazione, una raccolta di immagini selezionate e ordinate sempre secondo due differenti approcci alla realtà delle cose ri-vissute attraverso i materiali dell’archivio dai due artisti, sarà proiettata nell’ambiente privato vissuto dagli artisti a Nosadella.due, che, durante la mostra, viene pubblicamente condiviso.
Inoltre, un’insegna luminosa che altro non è che un infantile scarabocchio, capitolo anch’esso della medesima storia, diventa, all’esterno dell’edificio, pagina scritta sulla città e fonte di richiamo alla sede della residenza.
Selezionato da Daniela Cascella, giornalista e curatrice indipendente di Roma, Andreas Golinski ha invece lavorato sulla memoria a partire da un fatto non personale ma “storico”. Prendendo spunto da un recente romanzo di Adriano Prosperi, “Dare l’anima. Storia di un infanticidio”, dedicato alla vera storia di Lucia Cremonini, giovane donna giustiziata, nella Bologna papalina del 1709, per l’infanticidio del proprio neonato, l’artista affronta un passato dimenticato che al tempo stesso fa riflettere su un tema di ancora forte attualità come quello delle nascite frutto di violenza o rifiutate dalle stesse madri per mancanza di mezzi e/o indulgenza. La rievocazione del dramma storico preso in esame da Golinski avviene però a livello di coscienza senza alcuna narrazione, dando vita, nella monolitica installazione in mostra, a suggestioni di forte impatto, in grado di suscitare stati d’animo, più che di rievocare l’evento stesso. Facendosi largo tra l’inquietudine di stanze puntualmente illuminate, il pubblico brancola nel buio della propria coscienza raccogliendo impressioni di un racconto mai svelato.
L’intento dell’artista infatti è quello di ri-educare la nostra coscienza, di insinuarsi nella nostra mente, di ri-dare consapevolezza e responsabilità alla nostra percezione di fronte a fatti che tendono invece a scivolare via dalle nostre menti cancellati da altre sollecitazioni che subentrano senza tregua. In questo senso la ricerca dell’artista si orienta anche verso una riflessione che indaga le modalità attuali di comunicazione mediatica che ormai imperversano nella nostra quotidiana percezione dei fatti e sempre di più influenzano anche la relazione tra le persone stesse.
Nico Dockx (Antwerpen, 1974) è a Bologna per la terza volta, dopo la mostra da neon>campobase nel 2003 e quella col collettivo Building Transmissions in occasione della chiusura della GAM nel 2006. Già presente a livello internazionale presso importanti musei come il MuHKA di Anversa, il CCA di Kitakyushu, e il Centre International d’art et du paysage di Vassiviere, e ospite alla Biennale di Venezia nel 2003, Nico Dockx si è inoltre aggiudicato quest’anno la residenza al Künstlerhaus Bethanien di Berlino.
Andreas Golinski (Essen, 1979), dopo essersi laureato presso la University of Art di Basilea, ha esposto al Museum of Contemporary Art di Basel, al Museum Beaux Art di Mulhouse ed è stato selezionato per il corso di formazione della Fondazione Ratti di Como nel 2005 sotto la guida del visitor professor Alfredo Jarr per cui ha esposto nello stesso anno per la mostra conclusiva ad Assab One (MI).
La mostra finale “Blackout” a Nosadella.due, è stata resa possibile grazie al contributo di Emil Banca – Banca di Credito Cooperativo, Regione Emilia-Romagna, Comune di Bologna, ArteFiera e alla collaborazione di sponsor tecnici e aziende locali quali Tipografia Irnerio, IronCup, Nettuno Neon, Eurovideo, La Bandiga.
Gennaio 2007
Mobili è la mostra di apertura di Nosadella.due. I sei artisti internazionali Flavio Favelli, Boaz Kaizman, Simon Moretti, Pantani-Surace, Reynolds/Jolley, Vedovamazzei trasformano gli spazi privati della casa attraverso installazioni site specific in ogni stanza: così Nosadella.due si presenta al pubblico diventando luogo per la sperimentazione artistica, residenza per artisti e curatori, contenitore e contenuto, abitazione ed asilo della creazione.
ArteFiera, primo partner cittadino di Nosadella.due, fa da cornice all’evento.
Personal (2007), di Flavio Favelli (I), interpreta un’atmosfera per crearne un’altra, personale. L’artista posa su un vecchio parquet un altro parquet portatore anch’esso di tracce del suo vissuto. Un nuovo racconto si posa su un racconto già accaduto, come il presente sul passato. Gli elementi di entrambi si contaminano a vicenda così che i mobili di Favelli è come se vivessero dei ricordi che vi si depositano sopra, ricordi personali, collettivi, sconosciuti seppur esistiti. Il suo è un lavoro sulla memoria che scaturisce dagli oggetti rispetto al proprio pensiero, e sulla necessità o inevitabilità di conservarla per dare un senso a situazioni, immagini, sensazioni. In questa ricerca la casa, i mobili, le sue strutture spesso inavvertibili diventano sede di conservazione e sviluppo della memoria stessa.
Maleesh (2004), di Boaz Kaizman (IL), è un video che è anche opera pittorica. Disegni e decorazioni si srotolano su tappeti che perdono la loro consistenza per diventare supporti di storia e tradizione. Espressione artistica antichissima, quella della tessitura non è puro ornamento ma assume un significato intimo e religioso. Le decorazioni diventano vero alfabeto di un lingua che è quella del popolo iraniano e della sua storia. Proprio di un certo popolo, della sua cultura, delle sue lotte e della sua sensibilità racconta la voce di David Galloway mentre riferisce del suo incarico alla direzione del museo d’are contemporanea di Tehran. Un museo voluto dalla Regina e dallo Scià di Persia nel 1977 per fare un dono al suo popolo, per rinnovare, modernizzare, forse contaminare, la tradizione artistica peculiare e radicata orientale con quella occidentale. Un discorso sulla propria origine e identità quello di Kaizman, israeliano emigrato in Germania, che ancora vive la sua condizione di straniero.
Il lavoro di Simon Moretti (I) – Insignia – è molteplice. Sulla porta d’ingresso a Nosadella.due l’artista colloca un’insegna che invita il visitatore a soffermarsi, a guardare, ad entrare. Entrare significa mettersi in relazione con uno spazio condiviso e adottare nuove modalità di relazioni. La ricerca dell’artista si spinge infatti ad analizzare il senso dei rapporti sociali e della comunicazione su cui si basano. I due guardiani dell’insegna difendono Nosadella.due al pari di un sito religioso. L’occhio contribuisce a suscitare rispetto e riverenza, è il focus, l’attenzione, la meta. Il neon, in cui non mancano i riferimenti al linguaggio e alla simbologia modernista (mai soltanto citazioni, bensì rivisitazioni in chiave attuale, giocosa e sempre artigianalmente personale degli intenti originari delle varie correnti) diventa un inno al valore della residenza, sede temporanea di abitazione e condivisione di progetti e idee degli artisti che vi sono ospiti.
Pantani-Surace (I) realizzano Voglio sentire il rumore di tutte le cose… (2007), rinnovando e parodiando un precedente lavoro, coglie tutto il sentimento della tenace caducità che vive in una camera in cui si conserva ancora il sapore di una tradizione implacabile. La fragilità, il segreto e la precarietà del vivere quotidiano si insinuano nella stanza con impercettibile ma inesorabile insistenza. La sensibilità e curiosità dei due artisti verso cambiamenti, alterazioni e aspetti inafferrabili, sottili e minimali della realtà quotidiana, in risposta al rumore di azioni sempre più eclatanti e maestose, rende ogni lavoro di una poesia unica che ogni volta incanta e stupisce. Una poetica, la loro, che condensa e riassume il tutto nell’essenziale, nel transitorio, nell’attimo che di continuo rinnova se stesso proprio come una goccia che, col suo scorrere ostinato, lava e corrode un cristallo. La loro ricerca si concentra sulla processualità e il divenire delle cose e dei fenomeni.
Patrick Jolley (IR), fotografo, e Reynold Reynolds (US), artista filmmaker, collaborano dal 1995 nella realizzazione di film. Nosadella.due presenta in anteprima italiana il loro lavoro Sugar (2004). Già nella loro celebre trilogia, Seven Days ’til Sunday (1998), The Drowning Room (2000) e Burn (2001) presentavano sequenze domestiche di vita quotidiana vissute in condizioni estreme. Le immagini di Sugar sono di un’intensità ancora più claustrofobica e mettono in scena un susseguirsi di drammi domestici dettati dalla repressione e dalla paranoia del vivere quotidiano che sfiorano atmosfere horror. I personaggi dei loro video sono sempre i protagonisti di scene di quotidiano delirio di fronte ad un fato implacabile a cui rinunciano a reagire. Sugar è una vera narrazione cinematografica, un film, in cui, attraverso citazioni e riferimenti, prendono vita reale deliri, angosce, visioni di una mente intrappolata in un vivere quotidiano che genera abbandono e moltiplica cadaveri di se stessi.
Il duo Vedovamazzei (I) ha scelto una linea dura per inasprire l’ospitale soggiorno di Nosadella.due con il lavoro Milioni di morti fanno meno male di una zampa ferita (2006), precedentemente esposto al MADRE di Napoli. Inquietante nella sua contraddittorietà e duplicità, il lavoro di Vedovamazzei ribalta “la rigidità della convenzioni” cui la realtà e la vita ci istruisce attraverso la messa a nudo degli aspetti tragicomici della vita umana. Sette vecchie poltrone lacerate da artigli felini simboleggiano in modo pungente il sovrastare di un egoismo collettivo che fa prevalere nell’epoca attuale del benessere e della comodità, una dimensione ad ogni costo individuale che non si cura di una collettività cui appartiene. La loro ricerca e il loro pensiero si incuneano profondamente e aspramente nel presente, per svelarne dinamiche e sfaccettature spesso ridicole e drammatiche al tempo stesso. La forza dei due artisti risiede ancora una volta nella loro inesauribile abilità a ricorrere ad un universo immaginativo senza fine, che li fa sfuggire a qualsiasi classificazione lasciando spazio allo stupore.