Mobili è la mostra di apertura di Nosadella.due. I sei artisti internazionali Flavio Favelli, Boaz Kaizman, Simon Moretti, Pantani-Surace, Reynolds/Jolley, Vedovamazzei trasformano gli spazi privati della casa attraverso installazioni site specific in ogni stanza: così Nosadella.due si presenta al pubblico diventando luogo per la sperimentazione artistica, residenza per artisti e curatori, contenitore e contenuto, abitazione ed asilo della creazione.
ArteFiera, primo partner cittadino di Nosadella.due, fa da cornice all’evento.
Personal (2007), di Flavio Favelli (I), interpreta un’atmosfera per crearne un’altra, personale. L’artista posa su un vecchio parquet un altro parquet portatore anch’esso di tracce del suo vissuto. Un nuovo racconto si posa su un racconto già accaduto, come il presente sul passato. Gli elementi di entrambi si contaminano a vicenda così che i mobili di Favelli è come se vivessero dei ricordi che vi si depositano sopra, ricordi personali, collettivi, sconosciuti seppur esistiti. Il suo è un lavoro sulla memoria che scaturisce dagli oggetti rispetto al proprio pensiero, e sulla necessità o inevitabilità di conservarla per dare un senso a situazioni, immagini, sensazioni. In questa ricerca la casa, i mobili, le sue strutture spesso inavvertibili diventano sede di conservazione e sviluppo della memoria stessa.
Maleesh (2004), di Boaz Kaizman (IL), è un video che è anche opera pittorica. Disegni e decorazioni si srotolano su tappeti che perdono la loro consistenza per diventare supporti di storia e tradizione. Espressione artistica antichissima, quella della tessitura non è puro ornamento ma assume un significato intimo e religioso. Le decorazioni diventano vero alfabeto di un lingua che è quella del popolo iraniano e della sua storia. Proprio di un certo popolo, della sua cultura, delle sue lotte e della sua sensibilità racconta la voce di David Galloway mentre riferisce del suo incarico alla direzione del museo d’are contemporanea di Tehran. Un museo voluto dalla Regina e dallo Scià di Persia nel 1977 per fare un dono al suo popolo, per rinnovare, modernizzare, forse contaminare, la tradizione artistica peculiare e radicata orientale con quella occidentale. Un discorso sulla propria origine e identità quello di Kaizman, israeliano emigrato in Germania, che ancora vive la sua condizione di straniero.
Il lavoro di Simon Moretti (I) – Insignia – è molteplice. Sulla porta d’ingresso a Nosadella.due l’artista colloca un’insegna che invita il visitatore a soffermarsi, a guardare, ad entrare. Entrare significa mettersi in relazione con uno spazio condiviso e adottare nuove modalità di relazioni. La ricerca dell’artista si spinge infatti ad analizzare il senso dei rapporti sociali e della comunicazione su cui si basano. I due guardiani dell’insegna difendono Nosadella.due al pari di un sito religioso. L’occhio contribuisce a suscitare rispetto e riverenza, è il focus, l’attenzione, la meta. Il neon, in cui non mancano i riferimenti al linguaggio e alla simbologia modernista (mai soltanto citazioni, bensì rivisitazioni in chiave attuale, giocosa e sempre artigianalmente personale degli intenti originari delle varie correnti) diventa un inno al valore della residenza, sede temporanea di abitazione e condivisione di progetti e idee degli artisti che vi sono ospiti.
Pantani-Surace (I) realizzano Voglio sentire il rumore di tutte le cose… (2007), rinnovando e parodiando un precedente lavoro, coglie tutto il sentimento della tenace caducità che vive in una camera in cui si conserva ancora il sapore di una tradizione implacabile. La fragilità, il segreto e la precarietà del vivere quotidiano si insinuano nella stanza con impercettibile ma inesorabile insistenza. La sensibilità e curiosità dei due artisti verso cambiamenti, alterazioni e aspetti inafferrabili, sottili e minimali della realtà quotidiana, in risposta al rumore di azioni sempre più eclatanti e maestose, rende ogni lavoro di una poesia unica che ogni volta incanta e stupisce. Una poetica, la loro, che condensa e riassume il tutto nell’essenziale, nel transitorio, nell’attimo che di continuo rinnova se stesso proprio come una goccia che, col suo scorrere ostinato, lava e corrode un cristallo. La loro ricerca si concentra sulla processualità e il divenire delle cose e dei fenomeni.
Patrick Jolley (IR), fotografo, e Reynold Reynolds (US), artista filmmaker, collaborano dal 1995 nella realizzazione di film. Nosadella.due presenta in anteprima italiana il loro lavoro Sugar (2004). Già nella loro celebre trilogia, Seven Days ’til Sunday (1998), The Drowning Room (2000) e Burn (2001) presentavano sequenze domestiche di vita quotidiana vissute in condizioni estreme. Le immagini di Sugar sono di un’intensità ancora più claustrofobica e mettono in scena un susseguirsi di drammi domestici dettati dalla repressione e dalla paranoia del vivere quotidiano che sfiorano atmosfere horror. I personaggi dei loro video sono sempre i protagonisti di scene di quotidiano delirio di fronte ad un fato implacabile a cui rinunciano a reagire. Sugar è una vera narrazione cinematografica, un film, in cui, attraverso citazioni e riferimenti, prendono vita reale deliri, angosce, visioni di una mente intrappolata in un vivere quotidiano che genera abbandono e moltiplica cadaveri di se stessi.
Il duo Vedovamazzei (I) ha scelto una linea dura per inasprire l’ospitale soggiorno di Nosadella.due con il lavoro Milioni di morti fanno meno male di una zampa ferita (2006), precedentemente esposto al MADRE di Napoli. Inquietante nella sua contraddittorietà e duplicità, il lavoro di Vedovamazzei ribalta “la rigidità della convenzioni” cui la realtà e la vita ci istruisce attraverso la messa a nudo degli aspetti tragicomici della vita umana. Sette vecchie poltrone lacerate da artigli felini simboleggiano in modo pungente il sovrastare di un egoismo collettivo che fa prevalere nell’epoca attuale del benessere e della comodità, una dimensione ad ogni costo individuale che non si cura di una collettività cui appartiene. La loro ricerca e il loro pensiero si incuneano profondamente e aspramente nel presente, per svelarne dinamiche e sfaccettature spesso ridicole e drammatiche al tempo stesso. La forza dei due artisti risiede ancora una volta nella loro inesauribile abilità a ricorrere ad un universo immaginativo senza fine, che li fa sfuggire a qualsiasi classificazione lasciando spazio allo stupore.